Parure fichi d’India

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La parure fichi d’india è frutto di passione, realizzata utilizzando la tecnica dell’uncinetto, di cui abbiamo letto i “punti principali” nel nostro precedente articolo (leqqi da qui).

Curiosando in Sicilia… tra natura e creatività !

Creatività e passione sono i principali driver di ogni creazione realizzata. Scopriamo assieme le caratteristiche di tale pianta che ha ispirato la creazione qui sopra.

Nel dettaglio gli orecchini

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Le origini della pianta di fico d’India

Il fico d’india è una pianta xerofila ed eliofila. Recenti studi genetici indicano che O. ficus-indica è originaria del Messico centrale. Da qui si diffuse successivamente a tutto il Mesoamerica e quindi a CubaHispaniola, e alle altre isole dei Caraibi, dove i primi esploratori europei della spedizione di Cristoforo Colombo la conobbero, introducendola in Europa. È verosimile che la pianta fosse stata introdotta in Sud America in epoca precolombiana, sebbene non vi siano prove certe in tal senso; quel che sembra accertato è che la produzione del carminio, strettamente correlata alla coltivazione della Opuntia, fosse già diffusa tra gli Incas.

In Europa la pianta oltre che per i suoi frutti, suscitò attenzione quale possibile strumento per l’allevamento della cocciniglia del carminio, ma si dovette aspettare sino al XIX secolo perché il tentativo avesse successo nelle isole Canarie. Agli inizi restò pertanto una curiosità da ospitare negli orti botanici.

Da qui si diffuse rapidamente in tutto il bacino del Mediterraneo dove si è naturalizzata al punto di divenire un elemento caratteristico del paesaggio. La sua diffusione si dovette sia agli uccelli, che mangiandone i frutti ne assicuravano la dispersione dei semi, sia all’uomo, che le trasportava sulle navi quale rimedio contro lo scorbuto. In nessun’altra parte del Mediterraneo il fico d’india si è diffuso come in CalabriaPugliaSardegnaSicilia e Malta.

In queste regioni del Mediterraneo rappresenta un elemento costante nel paesaggio naturale: è divenuto anche un elemento ricorrente nelle rappresentazioni letterarie e iconografiche dell’isola, fino a diventarne in un certo qual modo il simbolo. Le pale raccolte in Sardegna furono portate anche in Eritrea per introdurre la coltivazione a fini alimentari.

La pianta del fico d’india

La pianta di Fico d’India

Il fico d’India, è una pianta appartenente alla famiglia delle Cactacee e al genere Opuntia, caratterizzato da una moltitudine di specie, la maggior parte delle quali d’interesse ornamentale. La specie più importante dal punto di vista colturale e alimentare, è l’Opuntia ficus indica Mill., della quale si distinguono diverse cultivar in base alla colorazione della polpa del frutto (cui corrisponde in genere la colorazione della buccia) bianca, gialla, rossa.

Tipologie:

Si conoscono, anche se poco diffuse, delle varietà a frutto senza semi (apirene) e la Burbank (Opuntia inermis), caratterizzata dall’assenza di spine. Le cultivar più diffuse nel Salento sono: quella a polpa gialla, molto produttiva; seguita a ruota dalla varietà a polpa rossa e a distanza dalla cultivar a polpa bianca.

La pianta risulta da un aggregazione di articolazioni carnose costituenti le pale o cladodi, queste, in periferia hanno consistenza succulenta e risultano tenere e appiattite, man mano, avvicinandosi alla base,  acquisiscono consistenza fibro-legnosa, ingrossano e costituiscono il fusto. Le foglie, sono appena visibili e nascono alla base di varie gemme sparse sulla superficie delle pale. Intorno alle gemme sono disposti gli aculei, o setole, più o meno lunghi e rigidi. Dalle gemme situate sui bordi delle pale si sviluppano le nuove pale e le infiorescenze che daranno luogo ai frutti.

I fichi d’India resistono alla siccità, assorbono l’anidride carbonica, sono nutrienti e possono essere un ottimo mangime per gli animali da allevamento. Per la FAO sono il cibo del futuro“,

secondo quanto riportato da “Informarepersistere”.

La proprietà

Questa pianta assorbe concentrazioni elevate di anidride carbonica, il principale gas serra responsabile dei cambiamenti climatici. Un ettaro di coltivazione riesce a eliminare sino a 5 tonnellate di CO2 dall’atmosfera. Sempre da un ettaro di coltivazione si riescono a ottenere ben 20 tonnellate di frutta, come avviene in Italia, e dove vengono utilizzati sistemi di irrigazione si può arrivare anche a 50 tonnellate. Ma il delizioso frutto non rappresenta l’unica parte commestibile della pianta: ad esempio, in Messico, sono molto apprezzate le foglie giovani e i germogli, i cosiddetti nopalitos, sfruttati per numerosi piatti come frittate, zuppe, insalate e altro ancora.

Grazie per aver letto il nostro articolo, vieni a trovarci presto! 🌹🌹💕

Fonti:

https://informarexresistere.fr/la-pianta-piu-importante-per-lumanita-il-fico-dindia-5-aspetti-poco-conosciuti-dei-frutti-del-futuro/;https://www.fondazioneterradotranto.it/2014/08/22/tutto-ma-proprio-tutto-sul-fico-dindia-2/;https://it.wikipedia.org/wiki/Opuntia_ficus-indica#:~:text=Il%20fico%20d’india%20%C3%A8%20una%20pianta%20xerofila%20ed%20eliofila.&text=ficus%2Dindica%20%C3%A8%20originaria%20del%20Messico%20centrale..